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Di: Simone Cristicchi e Jan Bernas

Scene: Paolo Giovanazzi

Luci: Nino Napoletano

Musiche: musiche e canzoni inedite Simone Cristicchi

Musiche di scena e arrangiamenti: Valter Sivilotti

Regia: Antonio Calenda

Produzione: Promo Music – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia

Interpreti: Simone Cristicchi con la FVG Mitteleuropa Orchestra diretta da Valter Sivilotti

L’artista è rimasto colpito da questa pagina della nostra storia ed ha deciso di ripercorrerla in una canzone e in un testo teatrale che prende il titolo proprio da quel luogo di Trieste, dove gli esuli – prossimi ad affrontare lunghi periodi in campo profughi o viaggi verso lontane mete nel mondo – lasciavano le loro proprietà, in attesa in futuro di rientrarne in possesso.

Il Teatro Stabile regionale ha scelto di essergli accanto in quest’avventura producendo – con Promo Music – uno spettacolo strettamente legato alla nostra storia e assai significativo per indurre a ricordare il passato e ad affacciarsi consapevoli a un presente di sola armonia.

Diretto dalla mano esperta di Antonio Calenda, in una messinscena che intreccia con sensibilità documentazione storica e poesia, Cristicchi partirà proprio da quegli oggetti privati e semplici, per riportare alla luce le vite che vi si nascondono: le narrerà schiettamente e passerà dall’una all’altra cambiando registri vocali, costumi, atmosfere musicali, in una koinée di linguaggi che trasfigura il reportage storico in una forma nuova, forse in un “Musical-Civile”. Fondamentale in ciò sarà l’apporto della FVG Mitteleuropa Orchestra diretta dal Maestro Valter Sivilotti che eseguirà dal vivo la partitura dello spettacolo, in cui alla prosa si alternano musiche e canzoni inedite dello stesso Cristicchi.

Sette le repliche solo al Rossetti di Trieste, poi in numerosi teatri italiani e in Istria a Pirano, Pola, Umago e Buie.

Al Porto Vecchio di Trieste c’è un “luogo della memoria” particolarmente toccante: il Magazzino 18. Racconta di una pagina dolorosa della storia d’Italia, di una vicenda del nostro Novecento complessa e mai abbastanza conosciuta. Ed è ancor più straziante perché la “memoria” è affidata non a un imponente monumento, ma a tante piccole, umili testimonianze che appartengono alla quotidianità. Sono perciò ancora più vive, emozionanti.

Una sedia, accatastata assieme a molte altre porta un nome, una sigla, un numero e la scritta “Servizio Esodo”. Simile la catalogazione per un armadio, e poi materassi, letti, stoviglie, fotografie, poveri giocattoli, altri oggetti, altri numeri, altri nomi… Beni comuni nello lo scorrere di tante vite: interrotto dalla Storia, dall’esodo.

Con il trattato di pace del 1947 l’Italia perdette vasti territori dell’Istria e della fascia costiera, e circa 300 mila persone scelsero – davanti a una situazione intricata e irta di lacerazioni – di lasciare le loro terre natali destinate a non essere più italiane.

Non è difficile immaginare quale fosse il loro stato d’animo, con quale sofferenza intere famiglie impacchettarono tutte le loro cose e si lasciarono alle spalle le loro città, le case, le radici. Davanti a loro difficoltà, povertà, insicurezza, spesso sospetto e tanta nostalgia: quella che pervade la canzone di Simone Cristicchi Magazzino 18.